Per un periodo della mia vita ho viaggiato molto, dormito almeno 4 notti su 7 in hotel, viaggiato in lungo e in largo, provato ristoranti, degustato prodotti, visitato produttori.
E tutto questo lo facevo sola.
Non era il viaggiare che mi straniva, lo faccio volentieri, ma la cosa con la quale ero meno a mio agio era mangiare sola.
Facendolo ho scoperto che, invece, specie per chi si prepara la temuta cena in solitaria, mangiare regala le sue gioie anche davanti a una tavola deserta.
Ma cosa si cucina in questi casi di misantropia o necessario isolamento? Gli italiani, popolo dallo spaghetto recidivo, hanno la tendenza a limitare l’inventiva a un piatto di pasta alla buona, ma secondo noi si può fare di meglio.
La mia cena in solitaria implica:
Hamburger.
La singletudine può essere anche figa e quindi non tralasciare le gastromode. In tempi che vedono la trasformazione di tutto in hamburger e polpette, si può andare a briglia sciolta.
Fatelo con la scottona, con il merluzzo, con il tonno, con il roastbeef del giorno prima, persino con il tofu oppure i legumi.
Frittata.
Rude nei modi ma sincera nella sostanza, più o meno è il Callahan della padella. Si va dai fiori commestibili e le zucchine in primavera, alle melanzane in estate, alle patate, i funghi e i carciofi per chiudere il ciclo.
C’è chi la ama anche con la pasta avanzata ma attenzione: è un sicuro shock se non si appartiene alla categoria degli sgamati a tavola.
Noodles.
In tempi di dittatura Bric una virata esotica la deve fare anche la nostra dispensa di scapoli (occasionali e non).
Armatevi di curiosità e derubricate il naso arricciato da schifiltosi, da una parte, e i sughini della mamma, dall’altra: è tempo di provare qualcosa di nuovo. I noodles di riso sono una manna dal cielo se li cucinate con zucchine, surimi e salsa di soia.
Risotto.
Farsi le ossa in cucina da soli vuol dire sì prendere le distanze dalla cucina materna, ma anche saper affrontare quand’è il momento una dose di sana nostalgia. Risotti e zuppe ne sono l’incarnazione.
Con la zucca e il taleggio il risotto è una coccola filante. Con il nero di seppia e una cucchiaiata di pesto diventa raffinato. Con il cavolo nero e il pecorino romano, un vero godimento da lupo solitario, intenso e sepolcrale.
Se siete del partito che “Va bene la pasta, ma l’Italia non è solo pizza, spaghetti e mandolino” diteci qual il menù giusto da gustare davanti a una tavola apparecchiata secondo voi, senza nessuno intorno.
Vale anche cucinare qualcosa di orrendo e respingere il piatto con forte riprovazione di se stessi.