Come ebbe a motteggiare ere fa un mistificatore di talento: “il lardo di Colonnata o lo trovi a Colonnata o su…”[inserire url a scelta]. Non è così per tutta una fronda di fautori del souvenir commestibile comprato in loco, esperienza come potete immaginare — inimmagibile, specie se paragonata all’acquisto tutto bit e carta di credito dell’e-commerce. Non è piccoloborghesume dice la fronda, anche sorvolando sul fattore nostalgia, comprare la mozzarella di bufala in Campania, rientrare in città con un pecorino sardo o un San Daniele estremo scovato tra le montagne del Friuli, un barolo, una fontina, un limoncello, un caciocavallo non ha niente a che vedere con il mediocre tentativo di bissare l’esperienza mediante una casella di posta elettronica.
Oggi, per smaltire l’esigenza del pane di Matera, del Puzzone di Moena, del basilico di Prà, dei lampascioni pugliesi certe persone che conosco io, chiaramente afflitte dagli aspetti caratteristici della mania, partono con la valigia vuota. Ma una non basta. La seconda la comprano sul posto per assecondare colpi di fulmine last-minute. Ora poi, che la follia collettiva è certificata pure dai vips!
Ma tra tè scozzesi al whisky, sofisticato sale grigio della Bretagna, rhum filippino disidratato (?), scones bucolici dai boschi di Heathrow, salmoni selvaggi di Bergen il vero erotismo della questione riguarda chi va all’estero. E anche a distanza di millemila km da casa, tra i benefici del lemon curd e gli impareggiabili erborinati britannici non esiste terza via di conversazione.
E se per ipotesi, rientrando a casa qualcosa va storto, nonsò, urtando contro un cocomero di Cavillion il barattolo di preziosi pomodori provenzali finisce in mille pezzi, il primo istinto è leccare la strada.
Sarà banale ma arrivati fin qui la domanda è obbligatoria, cari piccoli lettori di Dissapore, quali souvenir commestibili avete portato a casa dalle vacanze?
[Crediti | Link: CFH, immagini: Repubblica.it]