Ormai quando si torna dalle vacanze non si tormentano più gli amici con le diapositive di Alassio: si mostrano loro le foto di quel che abbiamo mangiato durante l’estate.
“Vedi? Qui ero in uno stellato in Lombardia…
E qui? Che forte! Viste le panelle a Palermo?…
Come? Non ti diverti? Perché te ne vai?”.
Naturalmente nemmeno io mi sottraggo a questo rito, e un paio di giorni fa stavo vessando il mio vicino di ombrellone con le immagini di un po’ di piattini gastronomici.
D’un tratto questo commenta: “belli, sembrano pasticcini.”
“Scusa? – Gli dico – Puoi ripetere?”. La sua frase mi ha colpito. Ho riguardato le foto. Una a una. Aveva ragione: tantissimi piatti parevano pasticcini.
Il commento del vicino d’ombrellone è più importante di quel che sembri.
Non vi pare che tanta alta gastronomia si stia trasformando in pasticceria?
Al di là del giocare nel campionato del dolce o del salato, sono tanti i punti di contatto:
La potenza dell’estetica, il dominio della tecnica, l’utilizzo di tanta tecnologia, il trionfo delle preparazioni…
Io adoro la pasticceria, non fraintendetemi. E adoro i piatti super-gourmet pensati con la cura e la precisione svizzera della pasticceria.
Ma la cucina non è solo quello.
La cucina può essere anche più istintiva, più vitale, più sporca, più cattiva, più audace, più brutale, più primitiva.
La pasticceria è virtuosismo, la cucina è rock. Amo i violini. Ma mai e poi mai rinuncerei alle chitarre elettriche.
[Crediti | Immagini: Great Italian Chefs]