20 bottiglie di champagne. Vuote. Allineate come birilli sul davanzale della cucina, fermoimmagine di una gioia esplosa la grigia mattina del 16 novembre. Se la ricorderanno in molti, perché la (prima) stella Michelin non è di una persona sola. Marianna Vitale e Pino Esposito, autori del sogno che ha condotto gli ispettori della Rossa fino a Quarto, negletta periferia napoletana, lo sanno. E hanno condividiso con la squadra uno scudetto estremamente difficile da vincere in casa.
E’ possibile che tra un tappo e l’altro, Marianna, scusate, la chef Marianna Vitale, abbia ripensato al brindisi dei diciotto, poi la laurea in lingue, il matrimonio e nel maggio 2009 l’inaugurazione di Sud. Quel giorno, forse, beveva per farsi coraggio.
Ma l’era di Facebook amplifica il talento, a patto di possederlo. Nemmeno cemento, spazzatura o la volgarità della cronaca riescono a nasconderlo, così i clienti del Sud sono aumentati in numero sufficiente da non renderli eccezioni. La cucina non incanta con avanguardie spumose, più che altro gratifica rinnovando le tradizioni locali con garbo, emendandosi dal banale cgrazie a una creatività in apparenza senza metodo. Intuizioni da annotarsi sul pacchetto di sigarette, ispirazioni notturne che per fortuna tolgono il sonno, scambi con passionali clienti.
Prendi questo piatto nuovo: Legumare. Si voleva una zuppa, dunque legumi, la si voleva impalpabile, dunque mare. Legumare, un calembour degno di Stefano Bartezzaghi, l’enigmista, che Marianna decide prima di tutto. Già, ma come impiattarlo? Scarabocchia un foglietto di carta, corre all’Officina dell’arte di Benevento dove sono stati forgiati i cavalli in ferro di Mimmo Palladino, gourmet e artista famoso, nasce la scenografia: una lastra brunita che poggia su bulloni e 5 bicchierini in vetro a comporre il piatto. Infine l’alchimia degli ingredienti. 1) Acqua d’ostrica con polvere di piselli, 2) Falafel di ceci su colatura di alici in crema, 3) Alghe su crema di cannellini, 4) Crema di lupini con pelle di pesce croccante, 5) Stoccafisso su lenticchie, patata e timo limone. Non so da che parte cominciare a dirvi la meraviglia.
Ma è solo un inizio. Impossibile non accennare alla forza espressiva dei ravioli di fegato con genovese di baccalà su ristretto di aceto e lamponi, mentre il mostacciolo di baccalà è tra le cose più buone mangiate in eoni.
Al Sud bisogna andarci, Quarto o non Quarto. Anche per la convenienza: menù degustazione da 35/42/55 euro, alla carta comodamente dentro i 50 euro.
[Crediti | Link: Sud, Wikipedia. Immagini di Giampiero Prozzo, l’immagine di Legumare è di Stefano Caffarri]