Il posto in cui tutti vogliono andare adesso è la terra dei vichinghi, di Bjork, delle pulcinelle di mare, la terra che alterna vulcani, geyser, iceberg, solfatare, fiordi, spiagge nere e steppe.
Da qualche anno l’Islanda vive un periodo d’oro, tuttavia, nonostante i molti aspetti spettacolari, la domanda più gettonata che si fa a chi torna da un viaggio al nord è la seguente:
“Ma come si mangia???”, di solito accompagnata da risatine scettiche, tipica ironia di chi è contro il Noma, Rene Redzepi e la New Nordic Cuisine, strizzatine d’occhio e gomitate di compatimento.
NonsoloNoma: quando siete a Copenhagen fate come i danesi.
Anni dopo il Noma di Redzepi sono stata in Danimarca per aggiornare la mia idea di nuova cucina nordica.
E se invece vi dicessimo che oltre a muschi e licheni c’è di più? Che l’Islanda è una meta gastronomica di tutto rispetto? Che esistono delizie che vorreste mettere in valigia e portare in Italia accanto ai cappelli con le corna e le trecce bionde?
Se insistete con il vostro scetticismo, questo post è per voi.
Vogliamo farvi ricredere, anzi vogliamo farvi venire l’acquolina in bocca.
Skyr
Spesso confuso con lo yogurt è in realtà è un vero formaggio fresco a base di latte vaccino acido. Di origini che si perdono nella notte dei tempi, ha una lavorazione complessa:
il latte è scaldato fino a 85°C. per almeno 5 minuti in modo che i grassi e le caseine affiorino.
Si aggiunge un po’ di skyr rimasto dalla produzione precedente, che agisce come fermento, e se serve, caglio di vitello.
Si fa raffreddare per favorire la coagulazione poi siero e cagliata vengono separati per filtrazione. Diversamente dalla versione industriale, lo skyr tradizionale non deve essere pastorizzato e i fermenti devono provenire da una lavorazione precedente di skyr e non dallo yogurt.
La consistenza è cremosa ma solida. Lo trovate sia nella versione pura che in quelle alla frutta. Che somiglia –gli dei vichinghi ci perdonino– al Fruttolo anni ’80-’90.
Hverabraud / Rúgbrauð
È un pane di segale scuro dalla consistenza densa e il sapore che vira al dolce.
Se siete curiosi, provate ad assaggiare quello cotto sotto terra vicino ai geyser o alle sorgenti geotermiche: l’impasto viene messo in una pentola sigillata successivamente sotterrata.
Dopo 24 ore il pane è pronto.
Può far coppia con il burro, bello giallo, morbido e necessario per combattere il freddo.
Zuppe
Di pesce (in particolare crostacei), di carne o di verdure.
Le zuppe sono tra i piatti più frequenti della tavola islandese.
Assaggiate diverse scodelle della zuppa di carote e altrettante di kjötsúpa: una zuppa fatta con carne di agnello e verdure.
Un piatto invernale popolare che i turisti mangiano indifferentemente in pieno agosto, visto che fa già freddino.
Carne
Agnello soprattutto, ma anche manzo.
La carne di pecora islandese è particolarmente apprezzata: gli animali sono liberi di pascolare all’aperto quasi tutto l’anno e vengono radunati solo all’inizio della stagione invernale.
Il risultato è una carne tenera, perfetta per gli arrosti. Lo stinco è memorabile.
Se vi stancate dell’agnello, provate il manzo: ottimo il filetto, magari accompagnato da un purè di carote.
Pesce
Se la maggior parte degli articoli, alla voce “pesce”, cita il famigerato hakarl, lo squalo putrefatto dal sapore “singolare” e dall’odore poco discreto, sappiate che cotanta delizia viene mangiata meno speso di quanto si creda.
Trovate invece: merluzzo, eglefino, salmone, trote, aringhe, crostacei.
Non basta.
Baccalà dissalato e cotto con una montagna di burro, filetti di salmone e trota al forno.
Soprattutto delle deliziose aragostine del fiordo di Horna, servite con una salsa delicata a base di aglio (non è un ossimoro).
Avete l’imbarazzo della scelta.
Se amate i sapori forti spaziate, non limitatevi alle cotture e alle preparazioni rassicuranti. Puntate sulle marinature (delle aringhe, per esempio) e sulle disidratazioni.
Gli islandesi sono ghiotti di hardfiskur, ovvero eglefino essiccato venduto al supermercato in buste molto pratiche. Viene proposto come uno snack da accompagnare al burro.
Noi abbiamo la merendina dolce spezzafame, gli islandesi calano l’asso del harfiskur. Astenersi perditempo.
Dolci
Se il cielo è coperto e fa freddo, se la pioggia arriva orizzontale a causa del vento, prima di avvilirvi, guardate ai panifici, alle pasticcerie e ai caffè.
Il conforto si materializza sotto forma di torte, tortini, minicake.
Per iniziare, ecco la hjónabandssaela: tralasciando il nome impronunciabile, affondate la forchetta in una frolla molto burrosa con marmellata di rabarbaro, ho già detto che è burrosa?
Pare venisse preparata dalle mogli per dimostrare ai mariti di essere delle brave massaie. L’emancipazione permette ora alle signore di prepararla e mangiarsela tutta intera. Magari accompagnata da una pallina di gelato alla vaniglia.
Se il conforto non vi è bastato, potete proseguire con meringate, torte di carote con crema al burro, torte di mele, tortine con crema al limone meringata.
Reykjavik, la capitale, è un buon punto di partenza per assaggi golosi.
Ancora una cosa: lo street food è arrivato anche al nord.
Certo, con le dovute differenze ambientali e geografiche. Ma se è facile allestire un truck quando il clima e l’ambiente sorridono, provate a farlo in mezzo al nulla quando il termometro adora le temperature sotto la decina.
[Crediti | Immagini: Caterina Vianello]