Mettete il caso di avere, fra i vostri conoscenti, qualcuno che si picca di sapere tutto su cibo e vino, ricette e tecniche, accoglienza e ospitalità. Argomenti di cui si ritiene un grande esperto e di cui pensa di poter sempre dire la sua – e aver ragione nel farlo.
Uno saccente, insomma. E magari, in sovrappiù, anche un filo spocchioso e/o arrogante. Qualcuno tipo Federico Ferrero, per dire.
Ora, non spetta a voi mettere in dubbio le sue competenze e, anzi, in alcuni casi può essere capitato che abbiate ascoltato da lui pareri autorevoli e osservazioni precise in materia di enogastronomia.
Ma adesso succede che dovete invitarlo a cena.
Niente panico. Se volete uscire indenni dalla serata e, magari, con il vostro amor proprio culinario ancora intatto, vi basta non commettere i 5 errori da non fare con gli ospiti difficili.
1. Accoglierlo frettolosamente
Il buongiorno si vede dal mattino. Nel caso di una cena, da come l’ospite è accolto sulla soglia di casa.
Questo ospite, in particolare, baderà al sorriso che avete in faccia: che sia il più spontaneo e rilassato possibile e non tradisca la vostra ansia da prestazione.
Prendete e riponete velocemente soprabito, ombrello o quel che ha e in cambio dategli un bicchiere di qualcosa, da accompagnare con un piccolo stuzzichino, pardon, amuse-bouche che stuzzichino fa tanto apericena.
Non troppa roba: deve sedersi a tavola ancora con un certo appetito, se volete che apprezzi i vostri manicaretti, non fosse altro che per fame.
2. Sbagliare vino
Cosa dar da bere all’esigente? Se siete voi stessi sommelier più o meno amatoriali, non avrete troppa difficoltà a selezionare le etichette adatte dall’aperitivo al dessert.
Lo stesso se avete un’enoteca di fiducia in cui recarvi con il menu, ben dettagliato, e farvi dare i giusti consigli per gli acquisti.
Le primi due ipotesi non valgono? Avete due strade. La prima, prudente, sono le bollicine: con un Metodo classico o uno Champagne a tutto pasto difficilmente sbagliate (beh, vabbè, a meno che non cuciniate un brasato al Barolo).
A patto che vi ricordiate di cambiarlo per il dessert con un vino dolce, fermo o spumante che sia.
La seconda strada è più spudorata ma sicuramente efficace: se al momento dell’invito, l’ospite vi domanda “posso portare qualcosa?”, approfittatene e chiedete a lui, che è tanto esperto, di occuparsi del vino.
Certo, dovrete svelare cosa avete intenzione di cucinare. Ma dopo sarete sicuri che berrà felice e non ammetterà mai di aver sbagliato bottiglia.
Un passo indietro: se come benvenuto volete preparare un cocktail, badate che spirits e dosi siano comme il faut. Guai a offrire un Gin tonic o un Negroni preparati con liquori dozzinali, succedanei e simili.
3. Fare una spesa qualunque
Ora, non vi dico che dovete per forza setacciare le meglio botteghe cittadine. Ma per gli ingredienti principali, dalla pasta al pesce, dai salumi ai formaggi, cercate di non ripiegare sul minimarket all’angolo.
State lontani dal pane precotto e surgelato solo rifinito nel forno del super. Tenetevi alla larga dalle basi pronte. Evitate come la peste ogni genere di salsa in vasetto.
Se deve essere soffritto o brodo vegetale, partite da una carota, un gambo di sedano, una cipolla. Se deve essere maionese, da uova e olio. E così via.
A proposito di olio: è il caso di nascondere in un armadietto quello comprato in offerta che tenete sul bancone (sai, è solo per cucinare!) e sfoderare, invece, la preziosa boccettina monocultivar ricevuta a Natale dallo zio che ne sa.
4. Imitare ricette altrui
Avete la libreria piena di volumi di ricette dei grandi chef. La tentazione di eseguirle, soprattutto se l’ospite è speciale, è forte. Ma sapete che accade? Che se portate in tavola il riso e zafferano fatto come quello di Davide Oldani, o l’uovo marinato alla Carlo Cracco, la delusione (cocente) è praticamente certa.
Nella migliore delle ipotesi, perché non avete gli ingredienti e la tecnica per replicare fedelmente il piatto. Nella peggiore, perché lui da Oldani e Cracco ha mangiato più volte e sì, proprio quel riso e quell’uovo.
C’è, naturalmente, il piano B. Se pensate che la carbonara di Luciano Monosilio sia la meglio che c’è, fatela pure. Ma non dichiaratela.
5. Spingere con la creatività
Ora, sempre per citare Federico Ferrero, ricordo con precisione che a Masterchef preparava piatti per certi versi estremi. Mi rimase impresso un coniglio crudo con le cozze. Però, mentre andava in onda la presentazione, avrebbero dovuto far scorrere un sottopancia “Don’t try this at home”.
Perché se replicare (vedi il punto 4) è vietato, lo è anche inventare di sana pianta e in modo eccessivamente spregiudicato.
Non dico che certi accostamenti azzardati non possano risultare gradevoli per qualcuno, ma con la cucina classica non sbagliate mai.
Limitate le vostre personali rivisitazioni a guarnizioni, piccole sostituzioni, aggiunte discrete.
Soprattutto, non sottolineatele ma presentate il piatto con nonchalance. Se l’espertone al vostro tavolo se ne accorgerà, spetterà a lui complimentarsi educatamente per il tocco in più. Non gli è piaciuto? Lasciate che sia la sua coscienza a suggergli se far notare o meno la cosa.
Insomma, non provocatelo.
Resta il fatto che, punto dopo punto, mi stia domandando seriamente: ma che lo invitate a fare uno così? E poi, perché lo conoscete, uno così?
Non è meglio far venire Gigi e Mario del calcetto per due penne all’arrabbiata, bere il vino dei Castelli ed essere felici? Oppure, siete convinti di essere così ganzi ai fornelli che, alla fine, persino Federico Ferrero scriverebbe su di voi una recensione positiva?