Non è che sia particolarmente incline alla nostalgia, se la nostalgia significa televisione in bianco e nero, telegiornali sul Nazionale, surrogato di caffè e acqua fatta con l’Idrolitina. Non sono incline alla nostalgia di un tempo in cui l’ampiezza del lessico inglese che si utilizzava comprendeva tutte le sfumature della parola “yes” e le esperienze sensoriali più osè erano le copertine di Grand Hotel firmate da Walter Molino. Però capita che guardando attraverso il display del piccolo pc da viaggio questo bislacco mondo digitale, mi venga di chiedermi dove sono finite alcune icone di una vita che per quanto ne capisco potrebbe anche essere accaduta in un’altra era geologica.
Nel 1971 in Italia c’erano 54 milioni di abitanti. Nel 2001: 57. Una variazione per nulla significativa. Eppure nel 1971 il Paese sembrava molto, molto meno affollato. Bastava salire sulla Fiat 1300 “Familiare” e guidare con il braccio fuori dal finestrino per pochi chilometri, e ti trovavi in aperta campagna, una carraia sempre disponibile per accogliere la famigliola in cerca di un’ombra.
Attrezzatura indispensabile: il plaid, due bottiglie di birra di quella con la W davanti (wunster? wuhrer?), il pane, l’affettato, magari due ova sode. Se ti fermavi di fianco ad un campo d’angurie, la frutta era assicurata. Una specie di festival del finger food più vecchio del mondo, perchè deogratia non c’era ombra di piatti di plastica bicchieri di plastica posate di plastica, e la massima trasgressione era ascoltare Silvye Vartàn canatare “Come un ragazzo” dalla radio in AM.
Ora c’è l’ abominevole pranzo al sacco: ma non prima di aver acquistato il SUV, abbigliamento Burberry’s, scarpe Timberland, un set completo di stovigliame di design, un manuale di orienteering e sette riviste specializzate in “vivere country”. Ma soprattutto lo spazio occupato dai 57 milioni di abitanti del nostro paese pare essere triplo rispetto a quello che occupavamo in 54mil. trent’anni fa.
Ma siamo ingrassati così tanto?