Ci sono poche figure che hanno la stessa potenza evocativa della suocera. Parola che scatena un vortice di luoghi comuni tanto denso da diventare un tormentone. Il cartello nella foto condensa la sapienza di interi trattati di antropologia sull’abitudine domenicale dei maschi italiani a ricurvarsi con le gambe sotto il tavolo della suocera. Non so perchè le mandorle e le nocciole pralinate abbiano preso quel curioso nome – addormentasuocere – ma so che ogni essere umano di genere maschile mediamente coniugato, pur dotato del normale anelito all’autonomia, all’annuncio “Domenica andiamo a mangiare da mia mamma” dovrebbe essere preso da un moto rivoluzionario ed eversivo, pronto alle estreme conseguenze.
Invece, nella inesausta curiosità del ficcanaso gurmè, sento interi eserciti di mariti che accettano la condizione a collo più o meno piegato, rinunciando all’unica vera giornata di libertà in cambio della lasagna come la fa mia mamma.
Per la verità esistono due fattispecie.
1. “La lasagna come la fa mia mamma…” che si verifica a prescindere dalla qualità culinarie della moglie: la suocera esercita il suo potere autocratico e attira nelle sue spire la figlia ed il genero prendendoli per la gola. Il marito finge di subire ma in realtà si gode il pranzo domenicale con entusiastico abboffo, pronto poi ad impiombarsi sull’ottomana nel dopopranzo cullato dal concerto infinito delle chiacchiere di mamma e figlia sulle varicelle e quarte e quinte malattie dei nipoti. Ecco allora il peana di “quelle tagliatelle” che fatte così proprio non ce n’è più.
2. “Anche questa domenica?” invece è la situazione in cui la pessima cucina della suocera attira tipo una convocazione in tribunale come persona informata dei fatti. Eppure per amore, per mollezza o scarsopallismo il marito subisce, salvo poi lagnarsi altamente con gli amici dei bruciori di stomaco di quel terrificante ragù, di quelle polpette unte, di quella pasta scotta.
Sarebbe auspicabile che la gastronomia dei coniugi si emendasse dalle pastoie maternalistiche, che prendesse una propria strada che valorizzasse le differenze tra due universi gustativi: l’ esperienza, la cultura e forse anche la predisposizione possono scavare baratri. E questo non solo in relazione al cibo, al piatto, al regime alimentare ma anche alla stessa liturgia della domenica in famiglia.
Suvvia, che ognuno faccia il proprio mestiere…