In attesa dei cinepanettoni natalizi è tempo di culti. I cinefanatici di Dissapore s’impossessano del Q(uartier) G(enerale) e vi rallegrano la domenica con alcune scene tratte dalla saga dell’eroe italiano per antonomasia: Fantozzi. Scene, va da sé, dedicate al cibo. I film sarebbero 10 ma per me, seguace del rag. Ugo dal lontano ’75, esistono solo i primi 3; gli altri sono esigenze del portafoglio di Paolo Villaggio per cui non li conto. Del resto, avete sentito parlare di dischi incisi dai Genesis dopo Duke? (E sono generoso)
Commento adesso il primo Fantozzi, del ’75 appunto, la regia è di Luciano Salce. Le vostre considerazioni più o meno filosofiche sul personaggio sono benvenute.
Prima una curiosità, il ristorante Giggi er troione nominato nella scena esiste(va ?) davvero, ma non a Trastevere, regno de La Parolaccia, bensì a Cento, in provincia di Ferrara.
Capodanno, il cenone. Chi, specie negli anni ’70, non si è dovuto sorbire un famigerato veglione? Stanzoni riadattati, tavoli stretti, camerieri improvvisati e orchestrina improbabile. Emblematico il menù: antipasto con due fettine di… boh? Inevitabili tortellini alla panna, zampone e lenticchie, macedonia, con la panna pure quella. E allo scoccare della mezzanotte (virtuale, eh) spumante e terrificante valzer delle candele.
Sul “vero” ristorante giapponese, già allora Paolo Villaggio aveva capito tutto. Niente posate né pane, piatti roventi, pesce “estremamente” crudo, lingua parlata: only japanese. Unica licenza poetica il cane arrosto, tipico della cucina cinese e non del sol levante.
L’attovagliamento che anticipa Dagospia. Anche la cena con polenta a La Maison de Filippo di Entrèves, Courmayeur, è un classico del periodo, ma a ben guardare, l’abbondanza di gran nomi e la (falsa) semplicità del cibo richiamano gli attovagliamenti romani stile Cafonal di Dagospia. Non vi sembra?
Nell’episodio della clinica, inspiegabilmente tagliato dal film, vengono declamati i classici dell’epoca, dalle Tagliatelle alla boscaiola alla Paglia e fieno ai quattro formaggi (sic), passando per la Carbonara, i Rigatoni alla bella Bologna, le Lasagnette, i Ravioli di spinaci al doppio burro e le Pappardelle alla lepre, piatti venduti dal personale della clinica a prezzi che nemmeno Ducasse (o Marchesi per reste nell’Italia dell’epoca).