“E’ asciuto pazzo o’ padrone….” direbbero dalle parti mie. Se è vero che l’edizione 2010 della famosa guida rossa ha decretato il sorpasso di Tokyo, con i suoi undici ristoranti premiati con le tre stelle, su Parigi, appena dieci (sic!), qui in Italia possiamo ben bearci di poter annoverare il sesto ristorante, su territorio nazionale, con l’ambito riconoscimento. Certo, tanto di cappello agli inventori della nouvelle cuisine ma anche se l’argomento è trito e ritrito lascia sempre un po’ perplessi il dato nazionale che vede i nostri amati e odiati cugini francesi con venticinque ristoranti tristellati contro i nostri sei. Se proprio vogliamo farci del male anche i diciotto “made in Japan” fanno riflettere. E’ vero che tanti ristoranti nipponici fanno spesso omaggio alla cucina francese ma da nazionalista convinto quale sono, pur non disprezzando affatto la cucina d’oltralpe, mi duole pensare, banalizzando sicuramente il concetto, che sushi & sashimi, consommè & saint -honorè surclassino i nostri tortellini & tagliatelle.
Ecco perchè in Italia tutte le campane suonano a festa quando una nostra new entry fa il suo ingresso nel gotha della ristorazione mondiale. Star dell’anno è quindi la famiglia Cerea del ristorante “Da Vittorio”. Aperto nel lontano 1966 nel centro di Bergamo e da quattro anni trasferito nel nuovo splendido relais nella vicina Brusaporto.
Al nostro arrivo ci offrono delle bollicine, nel salottino all’ ingresso, di fianco al bar. Richiediamo il permesso di poter fotografare e, udite udite, verremo invitati più volte, nel corso della serata, a fotografare cantina, cucina e quant’ altro fosse di nostra necessità.
Cominciamo dalla cantina. Millequattrocento etichette, i vini più prestigiosi provenienti da tutti gli angoli del mondo. Il sommelier che ci accompagna nella visita ci mostra una bottiglia, un omaggio alla memoria di Vittorio, fondatore del ristorante, prodotta da Monzio Compagnoni, un piccolo produttore locale. Faber si legge sull’etichetta, le iniziali di Francesco, Alessandro, Barbara, Enrico e Rossella, i figli di Bruna e Vittorio Cerea.
Non ci sono solo i migliori vini nel mondo nella cantina che ho visitato ma anche tante etichette frutto di un’ attenta ricerca sul nostro territorio. Una di queste, che non conoscevo, arriverà sul nostro tavolo, consigliata dal sommelier. Un vino ligure, “Terre bianche”, produttore Bricco Arcagna.
La carta “Vittorio propone” offre diverse possibilità. L’ “Antipasto all’italiana” per due persone ad 80 euro, un “pranzo d’affari” di quattro portate a 70, sei abbinamenti con “il tartufo” a 220 e “nella tradizione di Vittorio” a base di pesce e crostacei a 140 euro.
Dopo il “benvenuto” arriva sul nostro tavolo una delizia per le nostre papille, “il bue tartufato con polenta, mini porri, chiodini e tartufo bianco”. Rossella Cerea, bella e avvenente, ci porge i “ravioli con fonduta di cipolla, mortadella e gocce di pistacchio”. Nel leggere il menù questo piatto mi aveva molto incuriosito per l’oggettiva difficoltà nel tenere in equilibrio degli ingredienti dai sapori così decisi. Mi aspettavo, però, sensazioni gustative più originali.
Una simpatica provocazione il “Mac Vittorio”, dal nome e dalla forma inequivocabili, un risotto con salsa di marsala con un hamburger posto al centro. Il “piedino di maiale ripieno con cipolline agrodolci e crema di rafano” non sarà un piatto gradito non per demerito dello chef ma per un mio problema con la consistenza della carne del maiale.
Mi rifarò con il panettone più buono della mia vita, produzione della casa, e con il dolce “crema di cachi alla vaniglia, gelato alla mandorla e fan di castagne” che una volta portato al nostro tavolo verrà ritirato e subito sostituito, senza che fossi io a chiederlo, in quanto nel tragitto dalla cucina al tavolo la crema di cachi scivolerà sui bordi del piatto pregiudicando, secondo Alessandro Zana, in sala con Rossella Cerea, il buon esito della fotografia che mi apprestavo a fare. Incredibile ma vero.
Un tipico Relais & Chateaux il ristorante “Da Vittorio” consacrato anche dal recente ingresso, insieme all’ Osteria francescana di Massimo Bottura, nell’ associazione Les grandes tables du monde, altro prestigioso traguardo raggiunto nel novembre scorso dalla famiglia Cerea.
E sono quindi sei…. Un’ altra grande famiglia della ristorazione italiana ad essere incoronata. Un omaggio anche alle donne, dopo Nadia Santini, Annie Feolde, Luisa Valazza, adesso anche Bruna Cerea. Un giusto premio alla storia di una famiglia, ad un bellissimo luogo ma se circoscrivo il giudizio alla sola cucina ecco che mi assalgono gli antichi dubbi.
Meritate le tre stelle a Brusaporto, ad una delle grandi tavole italiane? Nulla da dire però mi chiedo perché altrettante grandi tavole non abbiano i loro cieli illuminati dall’ ambita costellazione a tre stelle.