Grandezza della rete. Non quella dei pescatori, anche se l’argomento ben si presterebbe a questa interpretazione, ma del web. Una ricetta corredata di fotografie che immortalano una spigola, ha fatto scatenare il commentatore di Dissapore, Eggi. In tutta la mia vita mai avevo sentito raccontare, con assoluta dovizia di particolari, ogni cosa riguardo gli abitanti del mondo marino, e l’ignara spigola mai avrebbe immaginato di diventare oggetto di studio così approfondito. Occhi, denti, spina dorsale, coda, sguardo aggressivo, insomma una tac in piena regola. Eggi commenta dalla Svizzera e mi è parso alquanto singolare che ne potesse sapere più di un napoletano che la mattina si sveglia con i vetri delle finestre resi opachi dalla salsedine. Poi scoprirò che non solo non è “sfizzero” ma è anche uno che le mani se l’è sporcate sul campo, anzi a mare.
Comunque, l’orgoglio di napoletano ferito mi ha spinto ad approfondire la conoscenza. Per aggiornare i parametri di valutazione della provenienza e della freschezza del pescato, sono andato in giro per pescherie a verificare di persona lo sguardo post mortem e le eventuali carie di decine e decine di spigole.
Il giro comincia alla pescheria “Raggio di sole”, zona Chiaia, nei pressi degli imbarchi per le isole dal piccolo porto di Mergellina.
Giovanni mi dice che di spigole, pescate nel mare di Pozzuoli, gliene arrivano una decina di chili a settimana. Prezzo di vendita 30/35 euro al Kg mentre quelle di allevamento, provenienza Orbetello, le vende a 18. Gli chiedo, poichè a Pozzuoli conosco un allevamento di proprietà di un caro amico, se per caso le spigole non provengano proprio da lì.
Risposta perentoria, dopo aver afferrato una spigola con le mani, “Giovanotto (grazie!) chist è o’ mare e’ Pozzuoli”.
Il tono usato mi spinge a non fare altre domande e mi dirigo verso la “gioielleria” Luigione, alle porte di Posillipo, dove tutte le signore della Napoli bene hanno il conto aperto con i poveri mariti rassegnati a pagare cifre da mutuo.
Conosco bene Patrizio, che lavora qui da una vita, dal quale avrò più risposte alle mie domande. Ne ha tutto il tempo, una volta di domenica non avrebbe potuto neanche salutarmi, tanta la gente che affollava la sua pescheria, ma ora tira aria di crisi, “mala tempora currunt”… “Maurì, in giro c’è di tutto, ci sono spigole di allevamento che arrivano dalla Grecia, costano 6/7 Euro al chilo, ma è “munnezza”. Poi continua: “Nel mangime, nell’impasto che preparano, mettono anche la carta di giornale che contiene piombo, lo sapevi? Noi ci riforniamo dal miglior allevamento del mondo, Orbetello, lì i pesci mangiano al naturale”.
“Eccole qui”, prende due spigole, una di mare e una di allevamento, e le mette vicine sul piano di marmo della sua pescheria.
“Queste di mare sono state pescate fra Ischia e Ventotene, ora costano sui 35 euro, fra qualche mese, quando ce ne saranno di meno, 45 e pure 50. Quest’altra, di Orbetello, la vendiamo a 20”. Con tono confidenziale gli chiedo, indicando la spigola ischitana, “Patrì, ma quella è proprio di mare? A me sembra che non abbia nemmeno i denti”. La risposta sarà fra l’ironico e il divertito “ma quando mai, l’aggio pigliata sul Monte Epomeo (il monte più alto dell’isola d’Ischia)!”
Cambio quartiere, direzione Fuorigrotta, proprio alle spalle dello stadio San Paolo, per andare da Luciano, ignaro di tutto il baccano che la sua spigola, quella della ricetta, ha provocato.
L’avevo fotografata anche con il mio iphone. Mi faccio largo nella piccola e affollata pescheria e raggiungo Luciano, intento a vivisezionare il suo pescato davanti al lavandino. Gli mostro la prima foto chiedendogli “Secondo te questa spigola è di mare o di allevamento?” Risposta perentoria, “di mare”. La seconda foto. “E’ questa?” Sorpresa, “di allevamento”. “Ma è la stessa!” gli dico. “Ci vuole solo il mago Silvàn per capirlo, te ne accorgi solo quando s’arape (si pulisce)”. Chiaro che non conosce il nostro commentatore Eggi. Mi indica con lo sguardo il cesto, dove giace l’ultima spigola di mare appena venduta, “quella viene da Ventotene, è quella la zona”.
Costo anche qui 30/35 al Kg., quelle di Orbetello a 20.
Non è stupido Luciano e qualcosa capisce. Cede i guanti arancioni al fratello e mi dice: “Stammi a sentire, allevamento o mare vuol dire poco, dipende cosa mangiano. Mi è capitato di pulire delle bellissime spigole prese a mare, di qualche chilo, davanti ai miei clienti, e quando dalla loro pancia sono uscite anche le zoccole (topi) non le hanno più volute. Ci sono degli ottimi allevamenti, a mare, dove i pesci mangiano bene e sano ed io sono il primo che me le mangio”.
Ribatto, “ho capito, ma tu le vendi come spigole di allevamento o di mare?”
“Allevamento di mare, Orbetello, le migliori. Quelle prese con le reti in mare aperto sono un’altra cosa”. Rifletto. Questa è la terza pescheria che ho visitato e tutti dicono la stessa cosa. Si sono passati la voce oppure è proprio un “modus operandi” e ci prendono tutti per i fondelli?
Ci sarebbe anche da riflettere sul costo di queste spigole, che siano di mare o “di mare”, perché oramai l’equivoco mi è chiaro. A dire il vero ho sempre sostenuto che la quasi totalità del pesce che troviamo in giro provenisse da allevamenti più o meno buoni o da mari lontani.
Ricordo ancora il mio primo intervento sul blog Papero giallo nel dicembre 2008, in un post attinente a questo, nel quale commentò un grandissimo cuoco, uno che al pesce sa dare del tu come pochi, il quale definì “pesciaccio” tutte le spigole, le orate e compagnia bella che compriamo a 30 euro sui banchi delle nostre pescherie. A questi prezzi, disse, è possibile comprare solo del buon pesce “azzurro”.
Mi tocca la quarta e ultima pescheria. Parcheggiata l’auto nei pressi della stazione di Mergellina, dopo una sola fermata vengo catapultato dalla metropolitana in un altro mondo, quello della Napoli verace, sicuramente un po’cialtrona, forse quella vera… Stazione Montesanto, destinazione “Pignasecca”, il cuore pulsante di Napoli. All’uscita della stazione vengo accolto da un manifesto elettorale, sono sovrappensiero, e la frase che leggo, rigorosamente in dialetto, mi fa pensare che sia rivolta alle spigole che sto andando a conoscere. Devo essere entrato troppo nella parte…
Fotografo prima l’esterno della pescheria, scattando dal marciapiede opposto. Sono lontano dall’interno appena qualche metro, lo spazio di un vicolo. Mi improvviso slalomista fra il fiume di persone che come formiche scendono e salgono la strada nervosamente, impaurite dallo sfrecciare dei motorini.
Mi avvicino al banco e l’occhio cade subito sui primi piccoli esemplari di spigola, sette euro al Kg. Tutto accadrà in un lampo, ripenso a Patrizio e al piombo della carta dei giornali e, come spesso accade in queste occasioni, quando il terrore prende il sopravvento, mi isolo dal resto del mondo fino a non avvertire più alcun rumore se non la musica che il mio “gulliver” ritiene più adatta al contesto.
Stavolta è un brano della colonna sonora di un film, girato dal più grande, almeno per me.
7 euro al chilo e quelle di mare (le mettete voi le virgolette?) a 16.
Desisto dal progetto da “drugo”, cioè rovesciare sul marciapiede il contenuto della vaschetta, e mi avvicino a uno dei tanti venditori, una persona anziana, che ogni dieci secondi, né uno in più né uno in meno perché li ho cronometrati, strilla frasi talvolta incomprensibili anche per me. Cerco di “infilarmi” nei dieci secondi disponibili per chiedergli come mai il prezzo delle spigole di allevamento fosse così basso. Mi guarda come se fossi un “avatar” perché probabilmente, nella sua lunga carriera di “strillone”, questa deve essere la prima volta che qualcuno gli rivolge una domanda del genere.
“Ogni quartiere c’ha i suoi prezzi, qui a’ gente chiu e’ tanto non ponn spennere”. I dieci secondi sono scaduti. “Accattateve o’pesce fresc…..”
Napoli, città per certi versi straordinaria, dove tutti gli opposti convivono in un imperfetto equilibrio, offre di tutto. E’ ora del giusto premio per le mie “fatiche” e stavolta non hanno nulla a che vedere con falsi o sofisticazioni varie.
Pizza da Sorbillo in via dei Tribunali, e zeppola di San Giuseppe alla pasticceria Scaturchio.