Come vi ponete nei confronti delle ricette? Le inventate o le seguite? E quando le seguite, vi riescono? Non sempre, vero?
Che delusione quando avete fatto tutto per bene, punto per punto, dosi e ingredienti e tempi e temperature. Ma alla fine sfornate, invece che un manicaretto, un pasticcio nell’accezione negativa del termine.
Leggere una ricetta, che è il primo passo per realizzare il piatto, non è affatto semplice. Perché dipende da diversi fattori. Non necessariamente da chi l’ha scritta.
Persino i vostri autori, giornali, blog o siti di riferimento, provati e garantiti, possono avere un momento di defaillance, sorvolare su un passaggio cruciale, quando non buttare lì un banale refuso che manda tutto a carte e quarantotto.
Non solo: nel mondo ormai saturo di pubblicazioni di ogni ordine e grado riguardanti la cucina, non di rado si incappa in traduzioni frettolose e scopiazzamenti raffazzonati alla bell’e meglio. In una parola, pressapochismo. Che per voi si traduce in disastro ai fornelli.
Ecco allora i 5 errori da non fare quando cucinate la ricetta d’altri. Nei limiti del possibile: perché una regola unica, ahimè, non esiste. E senza una buona dose di sensibilità e perspicacia non sempre è possibile cavarsela.
1. Guardare le figure
A meno che non siate davvero esperti, dare un’occhiata alla foto non basta.
Vi racconto un mio trascorso lavorativo: per anni (anni!) la mia occupazione principale in redazione fu osservare con il lentino, sul tavolo luminoso, diapositive di archivio cercando di capire se quell’anello verde chiaro fosse di cipollotto o di porro, se quel frammento rosso fosse peperoncino fresco o secco, se quell’arrosto fosse da un chilo o da 600 grammi e quale sarebbe potuto essere, in base alla doratura esterna e al colore della fetta, il tempo di cottura cui era stato sottoposto.
Un lavoraccio. Che mi ha insegnato molto, certo, ma ancora non mi mette al riparo da abbagli quando mi limito, appunto, a guardare frettolosamente l’immagine e fare di testa mia.
Aggiungo un dettaglio: la foto che incanta è, molto spesso, di provenienza estera. Francesi, inglesi, persino tedeschi realizzano servizi di food dalle immagini molto più che suggestive.
Ma, alle spalle, ci sono ricette francesi, inglesi, tedesche (come minimo, diverse dal nostro gusto) e, nel mezzo, la traduzione. Che se non arriva direttamente da Google Translator poco ci manca.
Se la vostra foto (lo verificate facilmente nei crediti) è di questa schiatta, i punti che seguono dovranno essere valutati con attenzione doppia o persino tripla.
2. Non soffermarsi sugli ingredienti (e sul titolo)
Per avere l’idea di cosa andate a eseguire, è fondamentale leggere con attenzione la lista degli ingredienti. Perché non sempre, in foto, tutto è quel che sembra.
Un colore dorato potrebbe essere zafferano, curcuma, curry. Un trito verde prezzemolo, coriandolo, cerfoglio. Un pesce bianco a tocchetti orata, pescatrice, baccalà. Una fettina di carne rosata manzo o agnello.
Certo, anche il titolo può venirvi in aiuto ma, chissà perché, molti miei colleghi si ostinano a chiamare le ricette con nomi tipo “Fantasia di questo e quello”.
Ecco, vi invito a guardare con immediato sospetto questa categoria. Se un piatto non ha un nome chiaro ed esaustivo, probabilmente non avrà neppure una sua identità precisa.
3. Leggerla a pezzi
Torno a parlarvi di me. Per dirvi che, quando scrivo una ricetta, lo faccio con un certo rigore, consapevole che le mie parole devono servire da guida per chi le leggerà ai fornelli, il giornale o il tablet aperti sul bancone della cucina.
Sebbene non sempre gli autori abbiano il medesimo riguardo (o proprio per questo), leggere la ricetta da cima a fondo prima di iniziare a realizzarla vi aiuterà a farvi un’idea di come procedere, vi permetterà di individuare le operazioni preliminari (lavare, mondare, tagliare, eccetera), preparare e tenere a portata di mano utensili e condimenti, scaldare il forno, portare a bollore per tempo l’acqua e così via.
Non solo: una lettura attenta vi farà cogliere eventuali errori, anche involontari. Come un ingrediente messo in lista ma dimenticato nel procedimento (capita più spesso di quanto immaginiate) o viceversa.
La soluzione (a meno che l’autrice non sia io e voi, amici miei, abbiate il mio numero di cellulare) dovrete escogitarla da soli. E, fidatevi, è meglio trovarla prima di cominciare piuttosto che lambiccarvi in corso d’opera su dove e quando fare una cosa o l’altra.
4. Andare in crisi davanti a qualcosa
La foto vi ha immediatamente colpito. Il titolo è la summa di tutto quel che avreste voluto sulla vostra tavola per cena. Ma c’è un ma.
Nel soffritto, compare l’aglio tritato finemente, e voi non ne tollerate neppure l’odore. La deliziosa salsina rossa sulla panna cotta è un coulis di fragole, che vi fanno venire l’orticaria. I bocconcini infilati sugli spiedini sono di coniglio, ma il vostro bambino non ne vuol sapere di mangiare Bugs Bunny.
Non sapete quante persone ho visto scartare un piatto per dettagli di questo tipo. Senza pensare che al posto dell’aglio potevano usare lo scalogno, invece delle fragole i lamponi, o sostituire il coniglio con il più ben accetto pollo.
La parola d’ordine è: adattamento. Adattare una ricetta ai propri gusti non è un delitto, è un’interpretazione personale. Il primo passo per scoprire che, in fondo, abbinare ingredienti e sapori non è difficile.
5. Pensare che verrà esattamente come nella foto
Ci siamo cascati tutti. E tutti ne siamo usciti colpiti nella nostra autostima. Perché la ricetta era ottima, ben spiegata e dettagliata, tempi e temperature perfetti ma, al momento dell’impiattamento… beh, non ci somiglia per niente.
Posto che disporre i cibi nei piatti è un’arte che si può, a poco a poco, imparare, è anche vero che quelli nelle foto sono cucinati, sistemati, illuminati (e, non di rado, photoshoppati) per apparire al meglio di sé.
Per fortuna è terminata la moda, così in voga fino a tutti gli anni Ottanta, di utilizzare colle, supporti, vernici, lucidi e altre diavolerie atte a rendere più invitanti i piatti.
Oggi, i fotografi (seri) di food e le home economist cucinano davvero, con tanto di sale (per dire una cosa che non si vede).
Pochi gli artifici: la pasta è spesso molto al dente, le verdure e le carni si lucidano con un pennellino intinto nell’olio. Ma resta tutto perfettamente commestibile.
Perché, allora, a noi i piatti non vengono mai così? Perché intorno a quell’unico piattino fotografato si sono affaccendati, a lungo, almeno in due o tre, curando dettagli e luci, aggiungendo una macinatina di pepe qui, una scaglia di grana là, una foglia di insalata per dare volume sul fondo del piatto, usando pinzette con mano così delicata che neppure un restauratore professionista.
Noi, invece, non vediamo l’ora di scofanare e pappare. Finché tutto è ben caldo, profumato, fragrante.
E, fidatevi, è meglio così.