Salve a tutti, mi chiamo Giovanni Titore e vengo dall’anno 2021. Nella mia realtà, il viaggio nel tempo è possibile, anche se i più non ci credono. Lavoro per un ristorante che mi ha mandato indietro nel tempo per procurare alcune bottiglie di vino che nella mia realtà sono estremamente costose, e mi sono fermato nel 2011 per un guasto temporaneo alla mia macchina del tempo. Ho incontrato uno di voi di Dissapore e ho provato un’istantanea simpatia; nella mia realtà la cultura del cibo è un argomento drammaticamente serio, e guardiamo con orrore alle porcherie che mangiavamo decenni or sono. Ho deciso di rispondere a una domanda di stampo gastronomico, e mi è stato chiesto dove sarebbero finiti i quattro finalisti della prima edizione di Masterchef Italia dieci anni dopo. Fortunatamente, tre di questi nomi sono piuttosto conosciuti per chi si interessa di gastronomia nell’anno 2021, e complice una bizzarra coincidenza so qualcosa anche del quarto.
Ilenia Bazzacco sta ai fornelli della trattoria “El tajo” (un nome che attira molti clienti romani in trasferta, incuriositi dal falso amico) nella sua Marca trevigiana, aiutata dai figli in sala. La cucina è generalmente quella solida della tradizione – baccalà mantecato, ovviamente risotto al tajo, cioè con gamberi e anguilla, sopa coada, stinco con castagne e vino rosso – ma non manca qualche piatto originale come la crema ai tre radicchi con burro al Prosecco e cialde di mais biancoperla. Un indirizzo affidabile, espressione genuina del territorio, con qualche spunto creativo ma certamente rassicurante.
Non proprio rassicurante, invece, è “Anema e cosce”, il ristorante di Imma Gargiulo a Vico Equense. Gli arredi richiamano i bordelli di lusso della Belle Epoque, e servizio, ambiente e cucina sono molto ammiccanti; ma non pensate che si mangi male. Piatti come “Sesso” (risotto al porto), “Femmina” (mozzarella aperta e ripiena di scarola) e il recente, acclamatissimo “Ultimo tango” (spuma di culatello con variazioni di burro) hanno fatto la fortuna del locale anche per la loro qualità, non solo per il loro tasso erotico. Insomma si mangia bene, ma le guide sono recalcitranti ad accorgersene, e qualcuno pensa ancora che sia un posto dove andare solo per motivi goliardici.
Luisa Cuozzo, del Relais I Gigli di Nola, un cinque stelle che trasuda lusso da ogni poro, è oggi una delle più acclamate chef d’Italia. Ha da poco conquistato la seconda stella Michelin, e la sua cucina è espressione volutamente eccessiva della cucina napoletana: grandi materie prime, grande golosità e grande gusto, ma anche grande pazzia, e questo piace. I piatti sono autentiche bombe caloriche, come “Friggo tutto!” (vermicelli di Gragnano fritti con fiori di zucca , mozzarella e alici, tutto fritto ovviamente) e “Pollicino trova la strada di casa”: una serie di mozzarelle fritte di dimensioni crescenti, ognuna con un ingrediente in più nel ripieno, l’ultima della dimensioni di un pallone da pallamano. Un piatto così impegnativo da chiedersi se questo Pollicino, ritrovato il portone di casa, riesca a passarci. Non sono da meno i dolci, fra cui troneggiano la Pastiera fritta su crema di limoni di Sorrento e il Babà gigante ricoperto di gelato alla melanzana e cioccolato fondente.
Di Spyros Theodoridis, in Italia si erano perse le tracce, dopo una serie di stage in ristoranti di un certo livello; ma l’ho casualmente ritrovato nelle mie ultime vacanze trascorse in Turchia, Marocco e Grecia. Non vi dirò dove l’ho incontrato esattamente, ma se da una baraccca di legno su una spiaggia dell’Egeo vedete uscire degli splendidi filetti di ricciola al profumo di limone e zafferano, buttate un occhio in cucina, potrete avere una gradita sorpresa!
Potrei raccontarvi chi ha le tre stelle Michelin in Italia nel 2021, quali sono le tendenze gastronomiche che furoreggiano nella mia realtà o chi ha vinto l’ultimo campionato di calcio, ma il forno in cui è montata la mia macchina del tempo ha suonato, è ora di cuocermi a bassa temperatura fino al 2021, siete molto simpatici, addio!
[Crediti | Immagini: Masterchef]