“Cosa vuoi fare da grande?”
Ai tempi della scuola le risposte che sentivo erano sempre le stesse: calciatore, astronauta, alcuni azzardavano dottore. I compagni che avevano capito tutto dicevano: il mantenuto.
Da qualche anno invece tra i mestieri più ambiti spicca quello di chef. Ciuffi, tatuaggi e maniche arrotolate vengono puntualmente esibiti in tv e sulle riviste, si favoleggia di amanti voraci, auto potenti e lusso esagerato. Le scuole alberghiere e i corsi privati non sono mai stati cosi frequentati.
Io stesso ricevo curriculum di ragazzi che sognano la stella Michelin e pensano che la cucina sia la loro vita.
Ma siamo proprio sicuri che funzioni cosi?
Dopo venti anni di ristorazione e quasi dieci di insegnamento sento di poter dare consigli utili a chi sogna di intraprendere questa professione, ecco quindi 5 errori da evitare se volete diventare uno chef.
1) Cuoco uguale Chef
Wow, la vostra ultima creazione sta spopolando su Instagram con ben 21 like e due faccine sorridenti. Mamma sta raccontando a tutti di quanto siete bravi ai fornelli. Sicuri però che il minestrone sferificato con aria di acciuga del Monte Bianco e sifonatura di creme fraiche alla Marmite basti a farvi guadagnare il titolo di chef?
Ultimamente chiunque si cimenta ai fornelli usa questo nome. Spiace deludervi ma chef non è sinonimo di cuoco né tantomeno di “Ammazza quanto sono figo con la giacca bianca mentre gioco al piccolo alchimista delle patate”.
Chef è il capo della cucina, colui che comanda una brigata, decide i menù, le ricette e gestisce le ordinazioni.
Chef non è soltanto sinonimo di persona brava ai fornelli ma definisce anche le sue capacità gestionali e organizzative.
La cucina è organizzata su scala gerarchica con lo chef (o executive chef) al vertice e a seguire sous chef, capopartita e poi i vari cuochi addetti alle relative postazioni fino ai commis e ai plongeur.
Fregiarsi del titolo di chef dunque, oltre che etimologicamente scorretto è anche senza senso in quanto non significa “supercuoco”.
2) Trascurare le basi
Sapere tutto di sferificazione, gelificanti e spugne senza essere capaci di fare un arrosto farà di voi un cuoco dalla vita professionale breve. Le mode passano, la cucina si evolve ma senza solide basi di partenza e una radicata conoscenza degli ingredienti sarà dura tenere il passo.
Si dice che la cucina sia scienza e conoscenza, studio e sacrificio. E’ così: Non è un piatto ben riuscito ma la capacità di controllare il risultato finale in ogni situazione. La scuola è l’inizio, poi vengono libri, aggiornamenti, studio dei colleghi, assaggi e la ricerca di nuove materie prime in un percorso che non termina mai.
Ricordate: l’albero con radici deboli è destinato a cadere in fretta.
3) Non pensare alla qualità della vita
Non ci crederete, ma a volte saper cucinare passa in secondo piano. Allo chef di un ristorante viene richiesta organizzazione mentale e del lavoro. Gestire un servizio alla carta con decine di portate diverse ordinate in tempi differenti non è semplice.
Prima di proporre una vostra creazione passerete anni a sbucciare patate, stare dietro a piastre fumanti e a umidi bollitori in una stanza con temperature mediamente superiori ai 35°. Tutto questo mentre i vostri amici si divertono e fidanzate e compagni se ne vanno in vacanza con gli amici.
Il lavoro diventerà il vostro passatempo, i colleghi saranno i migliori amici. Non è un caso se buona parte dei ragazzi provenienti dalle scuole alberghiere abbandona le cucine dei ristoranti pochi anni dopo il diploma.
Valutate bene se avete abbastanza passione per rinunciare a una vita da persone “normali”. Fama e gloria sono riservate a pochi eletti e solo dopo anni di sangue, sudore e lacrime.
Per tutti gli altri c’è una bella collezione di sacrifici, mal di schiena, tendiniti e cervicali doloranti.
4) Sesso, ostriche e champagne
Il lusso? Certo, se siete ricchi di famiglia o se avrete lavorato tanto e bene da esservi creati una posizione di rilievo. Altrimenti i guadagni non valgono la fatica richiesta. Raramente si superano i 2.000 euro mensili, molto più facile attestarsi tra i 1.200 e i 1.600 per turni di lavoro che variano dalle 10 alle 16 ore giornaliere.
Se poi pensate che uomini e donne vi cadranno ai piedi siete totalmente fuori strada. A meno di chiamarsi Cracco e di condurre programmi di successo alla tv. Se così non è attirerete persone solo in base al vostro fascino e al modo di fare. Sempre che non scappino spaventati dalla puzza di pesce che fanno le vostre mani.
Insomma, più che gozzovigliare tra festini erotici a base di caviale, ostriche e champagne predisponetevi a mangiare un buon kebab sdraiati sul divano con una gazzosa e un film (no, di Lino Banfi no).
5) Chi te lo fa fare?
Immagino le vostre reazioni arrivati a questo punto. Chi penserà a un’esagerazione, chi al fatto che in fondo uno chef non lavora mica in miniera, e chi, compatendomi, chiederà “ma chi te l’ha fatto fare allora?”
La risposta è semplice. Fare lo chef è il lavoro più bello del mondo.
Il sorriso che compare sul volto di una persona dopo il primo boccone, i complimenti, la creatività, l’adrenalina sono fattori che spesso fanno passare in secondo piano stanchezza, stipendi bassi e ossa doloranti.
E’ un mestiere che ti completa, più che “fare lo chef” arrivi al punto di “essere uno chef”.
Passi anche il tempo libero a parlare di gamberi e carbonare, buona parte dello stipendio se ne va in libri di gastronomia e ti scegli gli amici tra gli appassionati di cibo.
Non fate questo mestiere perché va di moda, tanto meno perché vi piace ciò che vedete in tv. Sceglietelo solo se amate il cibo in ogni sua forma e vi assicuro che “non lavorerete” un solo giorno della vostra vita
P.s. Nonostante il passare degli anni sembra che il sogno di fare il mantenuto non sia mai passato di moda.