Forse non tutti sanno che, come ha spiegato Jenner Meletti su Repubblica (non online), negli anni ’70 il nostrano Lambrusco era chiamato anche Red Cola, a causa delle massicce esportazioni del vino emiliano verso la lontana America.
Ogni settimana, infatti, dal porto di Livorno ne partiva un container pieno, destinato appunto al mercato USA. E la domanda era tale che se non bastavano le uve originali emiliane a soddisfarla, venivano in soccorso uve “straniere”, provenienti, in larga parte, dalla Puglia.
Pratica, questa, continuata finché il Consorzio di Modena e Reggio Emilia riuscì a porvi fine fissando un tetto massimo: le uve per il Lambrusco avrebbero potuto al massimo raggiungere il quantitativo di 180 quintali.
Bene, stessa diffusione, popolarità e relativi problemi conseguenti all’aumento della domanda sembrano oggi toccare a un altro grande vino italiano, il Prosecco trevigiano.
Certo, il Lambrusco, al momento, fa ancora la parte del leone nella grande distribuzione, con i suoi 13,3 milioni di litri annui venduti, seguito a ruota dal Chianti, con il 11,7 milioni di litri all’anno, dalla Bonarda, con 8 milioni, dalla Barbera, con 7,7 milioni e dal Sangiovese, con i suoi 6,3 milioni annui venduti. Il Prosecco, invece, si colloca attualmente in fondo alla classifica con “soli” 5 milioni di litri annui venduti.
Eppure, il Prosecco sta riscuotendo velocemente sempre più successo in enoteche, bar e anche sulle tavole degli italiani, aumentando le vendite in modo esponenziale.
Anche grazie alle massicce esportazioni, proprio come accadde per il Lambrusco: sono circa 200, infatti, i milioni di bottiglie di Prosecco esportate annualmente, di cui 55 solo destinate al mercato inglese, dato l’antico amore del popolo inglese per il nostro vino frizzante.
Questo incremento produttivo ha però portato con sé una serie di problemi strettamente collegati, e in particolare riguardanti la sempre maggior porzione di territorio destinata a vigneto per la produzione di Prosecco, con un’estensione che, dall’originaria Conegliano, arriva ora fin nel mezzo delle terre friulane, con conseguenti, inevitabili proteste di coloro che vedono disboscare ampi settori di collina per far posto agli invadenti vitigni, e coloro che vedono i propri terreni invasi da fertilizzanti e prodotti chimici.
E se il successo del Prosecco continuerà a questi ritmi, probabilmente seguirà la stessa sorte del Lambrusco, non solo come quantitativo di litri venduti, ma anche in relazione ai tetti massimi di produzione.
Per tutelare il prodotto da tecniche di produzione massicce e dozzinali ma anche l’ambiente attorno ai preziosi vigneti.