Non sanno più che fare per rovinarci la vita.
Non bastava farci mangiare il boccone di fiorentina col triste pensiero del professor Veronesi che ci guarda severo con lo zucchino in una mano e il cavoletto di Bruxelles nell’altra.
Non bastava farci andare di traverso il pezzo di focaccia pensando a quell’accidenti di farina bianca raffinata, madre di ogni guaio; no, non bastava.
Ora ci si mettono pure due studenti della Miami Ad School, Alessia Mordini e Rodrigo Domiguez, che hanno unito le forze (!) per dare vita ad un progetto dall’invitante nome di “Calorie Brands”.
Un nome foriero di future sventure per i nostri palati e i nostri pasti.
I due brillanti studenti, invece di studiare, hanno pensato di aiutare le sorti del mondo lanciando un progetto in base al quale i prodotti di conforto per le nostre grigie giornate, quali dolcetti, snack e porcherie varie, riportino in etichetta, invece del nome, il numero delle calorie per confezione.
A caratteri cubitali.
Questo per aiutare noi, consumatori compulsivi ma soprattutto ignoranti di cibo-spazzaura, a fare ordine nelle malsane abitudini alimentari.
“Abbiamo iniziato a pensare ai problemi legati al cibo spazzatura, all’interesse comune verso l’alimentazione sana, il benessere fisico e l’aspetto – spiega Alessia Mordini – Spesso i prodotti che troviamo al supermercato specificano solo in parte le calorie, in una piccola nota sul retro della confezione. E molte volte è complicato fare un calcolo di quanto sia l’apporto completo di un intero prodotto.
Per questo abbiamo deciso di compiere una piccola rivoluzione del design delle etichette: pensiamo che potrebbe aiutare i consumatori ad affrontare in modo più consapevole il tema dell’alimentazione”.
E quindi, Nutella non sarebbe più Nutella ma “4520”, cosa che potrebbe farla somigliare a un’acqua di colonia più che a una crema alimentare, un Magnum Double “260” e un Frappuccino di Starbucks “420”.
Che bellezza.
Ma a parte l’eleganza di un nome così fantasioso, alla faccia delle spremiture di meningi degli esperti di marketing, ai loro brainstorming alla ricerca del nome più appetibile per un prodotto, siamo sicuri che un progetto così sia veramente utile per noi consumatori inconsapevoli?
Davvero quando mettiamo in bocca con voluttà una cucchiaiata di morbida crema al cacao e nocciole non siamo consci della vagonata di oli, zuccheri e chissà cos’altro che stiamo ingurgitsndo e del fatto che non è esattamente una cucchiaiata di sani semi di sesamo?
Davvero non pensiamo che quella cucchiaiata lì ci costerà un’ora di corsa sul posto, una cena a base di finocchi crudi nonché infinti sensi di colpa?
Certo che lo sappiamo. Inconsapevoli forse, cretini non necessariamente.
E vedere stampato sul barattolo della vellutata crema al cacao il numero delle calorie per confezione non ci aiuterà molto: in fondo, mica ci stiamo mangiando tutta la confezione, che diamine, e non pensiamo neppure che a nessuno verrà in mente, mentre è lì a bocca larga pregustando la morbida cucchiaiata, di mettersi a fare calcoli e proporzioni del tipo “se in un barattolo ci sono x calorie, e un cucchiaino corrisponde alla centesima parte del contenuto, allora sto ingurgitando x calorie diviso cento”.
Se poi i cucchiaini, puta caso, fossero tre invece di uno, dovremmo pure metterci lì a moltiplicare. Ma fatemi il piacere!
Oltretutto, i nostri brillanti studenti, orgoglio dei genitori che han speso tanti soldi per farli studiare a Miami per avere questi brillanti risultati, hanno dimenticato una cosa: e cioè che i cibi non sono solo calorie. Anche i junk food.
I cibi, oltre alle calorie, contengono proteine, vitamine, fibre e altri componenti, presenti, ebbene sì, anche in creme e biscotti. E allora, perché fermarsi alle calorie?
Sarebbe confortante sapere che, oltre a x calorie, sto assumendo una percentuale di fibre o di proteine, così, giusto per completezza di informazione.
Avere cioè una tabella con tutti i componenti di quel cibo, che però –toh- c’è già, sul retro della confezione, ed è quella che tutti noi siamo già soliti guardare quando apriamo le nostre confezioni di cibo, o almeno la maggior parte di noi.
Insomma, se il fine degli studenti pare essere lodevole, il mezzo utilizzato lascia perplessi e rischia, se messo in atto, di avere lo stesso successo della scritta “il fumo uccide” sui pacchetti di sigarette: tutti i fumatori lo vedono, mentre si godono in beata grazia la loro bionda Marlboro.